Il fenomeno della digitalizzazione sta mutando ogni struttura sociale, e con questo intendiamo, anche, la comunicazione politica e il modo di far politica.
Nella società iperstorica è noto che nessun problema globale può essere risolto richiamando il solo ruolo dello Stato, ma vedendo la collaborazione e l’intervento di una pluralità di agenti. Esistono numerose incertezze sull’elaborazione di un progetto futuro e le tecniche da adottare.
Assistiamo ad un capovolgimento dell’idea stessa di politica. La rete Internet per sua natura è un sistema di delocalizzazione, non abbiamo confini, non esiste uno spazio definito, la comunità digitale si riunisce, s’informa, decide e delibera quasi a richiamare la partecipazione delle agorà ateniesi.
In tale quadro non sorprende la nuova dialettica tra potere e forza. Se il potere si manifesta mediante l’elaborazione di norme e la forza è fisica, quando il potere non riesce ad orientare le condotte si interviene mediante forza. Se tutto inizia a dipendere dall’informazione, essa rappresenterà la nuova forza e il potere, gestito mediante l’informazione, acquisterà un consolidato aspetto finanziario.
Le evoluzioni delle ICT (Information and Communications Technology, le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione) hanno registrato un forte impatto nei modelli sociopolitici e nel rapporto tra cittadini e politica creando un processo di “democratizzazione”, con lo scopo di realizzare una sfera pubblica che veda coinvolti tutti, garantendo la circolazione di idee. Se da un lato la sfera pubblica costituisce elemento necessario per il consolidamento della democrazia, dall’altro non è sufficiente da sola.
L’umanità si sta muovendo verso una società iperstorica e Internet gioca un ruolo fondamentale, costituendo il canale informativo più importante per generare cittadini consapevoli. Il paradosso che si è costituito negli ultimi anni è quello di non vedere accompagnato al sovraccarico di dati e notizie che circolano una maggiore intelligenza, ma una difficoltà di valutare la veridicità e l’autorevolezza del contenuto dell’informazione.
E’ utile richiamare i risultati di un’importante indagine condotta dalle cattedre e dagli studenti di “Teoria e tecniche delle analisi di mercato” e di “Social media marketing” a.a. 2017/2018 dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e da un team di ricercatori appartenenti al Centro Studi Democrazie Digitali.
Si è giunti a verificare come l’esperienza Onlife, la dematerializzazione, la realizzazione di un sé digitale, il flusso continuo e crescente dell’informazione, hanno contribuito a mutare le facoltà mentali dell’individuo.
Viviamo ciò che può essere definito “Information Overload” e ad esso sono riconducibili i due fenomeni di “Information fatigue sindrome” e “l’Information Anxiety”, entrambi derivanti dall’incapacità di fronteggiare la vasta quantità di informazione.
“Information Anxiety” (L’ansia da informazione), espressione generata da Richard Saul Wurman dalla quale prende nome il suo celebre libro pubblicato nel 1989, indica la condizione di ansia che viene a generarsi per l’impossibilità di accedere, conoscere e capire l’informazione:
“il prodotto del sempre più ampio divario tra ciò che capiamo e quello che pensiamo di capire. È il buco nero tra i dati e la conoscenza”.
Richard Saul Wurman, L’ansia da informazione, ed. Leonardo, Milano, 1989, p.14.
Il sovraccarico delle informazioni determinerebbe un peggioramento delle scelte prese e una paralisi delle capacità critiche, agendo così su base emozionale.
Nelle società storiche era possibile rintracciare l’autorevolezza delle fonti dalle quali trarre informazione e che erano dedite all’elaborazione, alla creazione e alla diffusione di informazione. I cittadini facevano fede solo a quei mass-media preposti a tale scopo.
Nell’era digitale, con lo sviluppo delle nuove ICT, assistiamo definitivamente alla rottura di tali strutture e gerarchie, si producono informazioni dal basso, ogni utente crea un suo percorso personale fondato sui propri interessi e conoscenze ed ogni politico si rivolge direttamente al cittadino senza alcuna mediazione giornalistica, criminalizzando talvolta il ruolo delle fonti storiche, creando quella che può essere definita comunicazione orizzontale in cui ogni individuo diviene destinatario ed emittente.
Potenzialmente il web realizzerebbe nella prospettiva di una comunità mondiale, un miglioramento, sia in termini di economicità che di velocità nella comunicazione, permettendo soluzioni istantanee e organizzazioni complesse. In realtà l’accesso della politica nel web non ha avuto questo esito, potendo individuare un maggiore divario tra i cittadini e la politica.
L’incremento dell’offerta formativa non è accompagnato da un’altrettanta qualità dell’informazione. Il World Economic Forum nel 2013 ha inserito la disinformazione digitale nella lista dei “rischi globali”, poiché essendo la rete strutturalmente anarchica, aperta e interattiva, risulta essere contaminata da “fake news” (notizie false, ndr).
Massimo Mantellini, noto commentatore italiano che scrive di internet e tecnologia, nel suo blog esamina attentamente i nodi della comunicazione politica di oggi e della sua deriva. A suo avviso accedendo alla rete abbiamo la sensazione di una deriva totalizzante del messaggio politico, il feed dell’esponente di turno alterna toni e contenuti sempre diversi fungendo da aggregatore di masse.
In effetti, quello che si percepisce immediatamente è l’assenza di argomentazioni a sostegno del proprio messaggio politico, giustificato dalla brevità della comunicazione sui social. Tutto è ridotto a messaggi propagandistici sotto forma di slogan che arrivano direttamente all’utente.
La caduta delle barriere formali tra le varie fonti ha visto la perdita di responsabilità oggettiva da coloro che dovrebbero gestire i mezzi di comunicazione. Il politico elargisce immediatamente giudizi su ogni accadimento, si è in presenza di un volto amico, comune, che lascia passare solo il meglio di sé, creando un rapporto empatico con l’elettorato.
La comunicazione digitale ha abbassato la qualità delle informazioni a disposizione dei cittadini, non a causa della forte disintermediazione creatasi e nemmeno per i messaggi sotto forma di slogan, ma per una politica vuota che al fine di raccogliere consenso richiama temi non rilevanti, ma di facile accesso, facendo leva sulle emozioni umane e spacciandoli per emergenze del paese.
Nel prossimo articolo, provando a rintracciare un uso virtuoso del digitale nella comunicazione politica analizzeremo la figura dello spin doctor.
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