Ogni individuo è parte di questa nuova realtà, che quotidianamente si arricchisce di dati e genera e forma un sistema sempre più complesso.
La Democrazia esiste, come abbiamo già avuto modo di affermare, se a volerlo siano i cittadini. Una volta data la definizione teorica dell’istituto della democrazia elettronica, ossia, quella procedura che, attraverso l’uso degli strumenti digitali, consente l’esercizio egualitario del potere del demos, e l’aver evidenziato le potenzialità della rete e gli eventuali rischi che gravitano intorno ad essa, è necessario, adesso, procedere all’analisi approfondita del fenomeno, soffermandoci sulle diverse modalità con cui gli strumenti digitali garantirebbero l’esercizio del potere politico del demos.
Fatta questa analisi è consequenziale l’individuazione delle storture intrinseche alla partecipazione digitale, che genera quella si può definire democrazia ibrida o apparente.
Prodromico per questo lavoro, è il proseguimento dell’iter logico adottato dal professor Gianmarco Gometz.
L’autore di “Democrazia elettronica: teorie et tecniche” ispirandosi al lavoro del noto politologo tedesco Norbert Kersting, ha riproposto le quattro forme di partecipazione democratica digitale individuate da quest’ultimo, per poi procedere contestualmente a tracciare le distinzioni tra quelli che sono gli “invented spaces” (spazi inventati) dagli “invited spaces” (spazi invitati) che prendono forma sulla rete.
Le quattro forme di partecipazione democratica sono:
- la partecipazione democratica diretta;
- la partecipazione democratica rappresentativa;
- la partecipazione democratica deliberativa;
- la partecipazione democratica dimostrativa.
Per ragioni di mera opportunità esplicativa, inizieremo ad esaminare nell’articolo di oggi, la sola partecipazione democratica diretta digitalizzata. Rinviando negli articoli successivi, le manifestazioni delle altre tre partecipazioni democratiche.
La partecipazione democratica diretta, come è noto, è l’istituto giuridico, con cui si attribuisce al demos, il potere di incidere immediatamente e direttamente sulle scelte politiche.
Nel nostro ordinamento giuridico, espressione di questa forma di democrazia è il referendum.
Il referendum è quello strumento con cui si consente al cittadino, di contribuire direttamente sulla scena politica, intraprendendo scelte politiche mediante decisioni limitate a dei quesiti predefiniti, fornendo risposte secche quali “sì” o “no”.
Il fondamento normativo di tale istituto è la Costituzione, in cui è stato espressamente individuato il campo operativo del referendum. Infatti, attraverso una lettura del dato normativo, si evince che, il referendum garantisce la partecipazione diretta dell’elettorato all’abrogazione di atti aventi forza di legge, alla decisione per la fusione e la creazione di Regioni e province e, ancora, alla conferma di leggi costituzionali o alla loro revisione.
Allo stesso tempo possiamo dire che è rara l’operatività del referendum propositivo, ossia, l’istituto che attribuirebbe al popolo la facoltà di proporre una legge o di vincolare il legislatore ad un suo intervento. La ratio, di una scarsa operatività di quest’ultimo istituto, risiede nella tipologia delle democrazie contemporanee, che sono per lo più rappresentative.
Quali sono le modalità e gli effetti dell’uso degli strumenti digitali nella partecipazione democratica diretta?
Il fenomeno della digitalizzazione e le caratteristiche della rete hanno contribuito ad alimentare il dibattito sulla partecipazione democratica diretta, provocando un esito bifasico.
Da un lato le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sarebbero impiegate per la rilevazione del consenso popolare, riconoscendone, così, il ruolo prettamente strumentale rispetto alle procedure e ai vincoli di derivazione costituzionale. Nessun cambiamento epocale e nessuno sforzo sul piano ingegneristico.
Dall’altro lato, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione potrebbero garantire al demos il potere di definire l’agenda politica, attraverso petizioni ed iniziative popolari.
Istituti che, però, non vincolerebbero in alcun modo il legislatore all’adozione di provvedimenti normativi coerenti e che, dunque, potrebbero essere ignorati senza alcun obbligo di giustificazione.
In entrambi i casi, però, sorgono questioni etiche su cui uno stato democratico non può, certamente, restare inerte, ossia:
Quali garanzie offrirebbe la rete dinanzi al fenomeno sociale, sempre più crescente, di utopica partecipazione democratica diretta?
E ancora, indipendentemente dall’intervento del legislatore per una pronuncia su questioni oggetto di petizione digitale, come possiamo garantire l’autenticità per la validazione della raccolta firme?
La creazione della carta d’identità digitale è un esempio di soluzione come garanzia dell’autenticità.
Un concreto esempio di partecipazione democratica diretta dei cittadini, per mezzo degli strumenti digitali, sono le iniziative di bilancio partecipativo, attraverso il quale si rimette a delle scelte popolari, la gestione dei fondi pubblici.
Preme fare una precisazione a riguardo, sinonimo di come la realtà sia ben lontana dalle aspettative dei promotori della democrazia diretta.
Ad oggi, nel settore della partecipazione diretta digitalizzata, non sono stati realizzati “invented spaces” poiché la gestione è rimessa, solo apparentemente, ad una scelta popolare.
Gli elettori/utenti sono chiamati ad esprimere la loro decisioni, nelle maglie di una precisa procedura, che predispone filtri, con cui si individuano preventivamente gli attori, le decisioni e le quote percentuali del fondo, oggetto di un intervento partecipativo. Veri e propri “invited spaces”, come spiegato nell’articolo pubblicato da Kersting in Researchgate nel Gennaio del 2013.
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