All’interno del vasto fenomeno delle migrazioni, la presa in carico psico-sociale dei minori stranieri non accompagnati rappresenta uno degli aspetti più delicati da affrontare. Lontani dalla propria casa, e in un contesto culturale “altro”, possono sperimentare un disorientamento culturale e un malessere psico-sociale che richiedono interventi specifici volti ad un accompagnamento ed una presa in carico di tipo globale.
Secondo la legislazione europea e internazionale, e secondo la Convenzione sui diritti dell’infanzia, i Minori Stranieri Non Accompagnati (spesso definiti con la sigla M.S.N.A) sono quei “cittadini di stati terzi di età inferiore ai 18 anni che facciano ingresso nei territori dell’Unione non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non siano effettivamente presi in custodia da tali soggetti”.
Definizione che appare troppo generale e che non permette di compiere la giusta diversificazione rispetto alle motivazioni che stanno alla base della migrazione. Possiamo infatti distinguere diversi tipi di minori stranieri non accompagnati, dietro cui si celano storie e motivazioni molto diverse. Tra loro possiamo trovare minori in fuga da guerre, persecuzioni o conflitti; minori alla ricerca di lavoro; minori attratti da nuovi modelli di vita e minori che arrivano per ricongiungersi ad altri familiari.
I minori stranieri non accompagnati, anche se arrivati irregolarmente in Italia, sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Tale Convenzione stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come considerazione preminente il superiore interesse del minore, e che i principi da essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazioni. Oltre al principio del “superiore interesse del minore” e di “non discriminazione”, la convenzione riconosce un’ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all’istruzione, alla tutela dallo sfruttamento, alla partecipazione.
Il rapporto dell’UNICEF (2017) sulla rotta migratoria del Mediterraneo centrale rileva che il 75% dei Minori Stranieri non Accompagnati intervistati ha dichiarato di aver subito violenze, molestie o aggressioni durante il viaggio dall’Africa Sub-sahariana. Essi sono esposti a rischi crescenti di abusi e sfruttamento, legati anche ai debiti che contraggono e alla dipendenza dai trafficanti lungo le rotte migratorie.
C’è poi l’arrivo in Italia. Nonostante l’approvazione della Legge 47/2017 (cosiddetta Legge Zampa) tesa ad innalzare gli standard di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati, la protezione e l’accesso sicuro ai servizi essenziali restano ancora delle questioni aperte.
Generalmente, il minore straniero è accolto presso una struttura dove il compito degli operatori è quello di favorire l’attuazione di progetti sociali che dovrebbero favorire il benessere e l’inclusione sociale del minore. Sono differenti le strutture a seconda anche di come sono state progettate:
- Centri di pronta accoglienza per periodi limitati di tempo, che garantiscono una protezione immediata;
- Centri di accoglienza per percorsi più prolungati nel tempo;
- Accoglienza-affidamento temporaneo presso famiglie;
- Gruppi appartamento di semi-autonomia dove adolescenti vivono da soli senza la presenza costante di operatori.
I minori stranieri non accompagnati dovrebbero essere accolti in comunità di pronta accoglienza regolarmente autorizzate che, secondo la Legge, dovrebbero garantire:
- un ambiente accogliente e familiare in cui il minore possa sentirsi accolto e rispettato;
- condizioni di vita dignitose e adeguate a favorire lo sviluppo fisico e psichico di soggetti in età evolutiva (apertura durante le ventiquattro ore, fornitura di cibo qualitativamente e quantitativamente adeguato, condizioni adeguate a garantire l’igiene personale, il vestiario, ecc.);
- il rispetto delle esigenze culturali e religiose del minore (rispetto delle abitudini alimentari, possibilità di praticare la propria religione, possibilità di parlare la propria lingua, ecc.).
Spesso, però, vengono tenuti per periodi notevolmente lunghi presso i centri di prima accoglienza, in alcuni casi senza informazioni chiare sui propri diritti, sulle opportunità e sulle tutele legali. Quello che si verifica è una situazione di “sospensione” (Sayad, 2004), una dimensione esistenziale che diventa causa di ansia e frustrazione, e che si va a sommare ad una condizione psicologica già provata dalle esperienze passate. Si tratta di minori spesso “in sosta” in una zona di invisibilità, dei quali è per lo più diffusa e stigmatizzata la condizione di mancanza di documenti di soggiorno.
Per questi motivi il supporto psico-sociale riveste un ruolo cruciale. È infatti noto come l’esposizione a violenze, disastri, perdita o separazione dai familiari siano fattori che possono avere conseguenze immediate e a lungo termine sulla salute psico-sociale. Al fine di cogliere questa sfida occorre strutturare delle azioni di prevenzione e trattamento finalizzate alla presa in carico globale di questi giovani migranti, andando a creare un lavoro sinergico con autorità e altre associazioni per garantire a questi minori una rete di assistenza composta da tutori legali, psicologi, e da tutte quelle figure utili ad una loro piena inclusione sociale, che vada oltre l’ottica della pura “emergenza”.
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