Ieri sera, durante il programma “Dimartedì” condotto da Floris, il premio strega 2021 Trevi e l’endocrinologo Frayese si sono dati reciprocamente del “cretino”.
Questo episodio rappresenta il perfetto distillato dello stato di salute del dibattito pubblico italiano, oramai vandalizzato da simili atteggiamenti di sprezzante presunzione e volgarità.
Novax e provax sono intrappolati nella medesima prigione chiamata “io ho la verità”, e da qui non ne vogliono uscire. La radicalizzazione delle posizioni, argomento già discusso in un precedente articolo, non fa altro che aumentare ad ogni dibattito, talk show, articolo di giornale, iniziativa di piazza; e chi ne fa le spese sono tutti i cittadini, disorientati, amareggiati e impauriti.
Il merito di questa pandemia, allora, è sicuramente quello di averci fatto vedere quanto siamo distanti; continuiamo a essere capaci solo di tentare di persuadere l’altro della fondatezza delle nostre idee.
Tale mortificante situazione trova espressione anche nelle dichiarazioni di tante persone, che si dicono stanche delle notizie e dibattiti, che “non vogliono parlarne più”. Smettono, dunque, di informarsi e di capire; non ne vale la pena. Stiamo assistendo, cioè, ad una vera ignoranza da saturazione. Siamo abituati, infatti, a pensare all’ignoranza come ad una mancanza di notizie; la situazione attuale ci mostra, con angosciante evidenza, che l’ignoranza può derivare anche da un eccesso di informazioni mal organizzate e non chiare, nelle mani di persone che giocano alla lotta libera; tutto questo ha l’effetto devastante di annichilire lo spirito critico di ciascuno di noi.
Come uscirne? Ritengo che oggi ci sia l’urgenza di allargare gli orizzonti e iniziare ad includere nel dibattito dei temi che faticano a svincolarsi dal posto periferico entro cui sono stati relegati.
Il primo tema che potrebbe unire la stragrande maggioranza delle persone è la sbornia di informazioni e il dialogo articolato in logiche antagonistiche. Credo che ogni individuo oggi sia esausto di essere subissato da costanti aggiornamenti, cambi di direzione, nuove scoperte. Come possiamo ritrovare un sano equilibrio tra informazione e riposo dell’intelletto? È bene sottolineare che senza il silenzio – pensiamo alla funzione fondamentale del sonno notturno – non è possibile elaborare adeguatamente le informazioni. Inoltre, assistere agli scontri, sui social, in piazza, in tv, non ha forse il solo merito di generare ancora più conflitto e confusione? I giornalisti, i politici e gli intellettuali non potrebbe chiedersi quanto sia utile farsi la guerra a tutto campo?
La seconda tematica comune riguarda il rapporto tra completamento della vaccinazione della popolazione mondiale, nascita di nuove varianti e la proprietà dei brevetti delle case farmaceutiche. Quest’ultimi, infatti, sono in mano alle grandi case farmaceutiche produttrici dei vaccini che vendono agli stati, garantendosi così lauti profitti. Come osservato da molti, tra cui Vittorio Agnoletto, l’unica strada per avere vaccini disponibili per tutto il pianeta, evitando così anche l’emergere di nuove varianti, è la sospensione temporanea dei brevetti, come chiesto anche da Papa Francesco al presidente Biden, come chiesto da India e Sud Africa con oltre 110 Paesi e dalla campagna europea Right2cure-No profit on pandemic, a cui aderiscono in Italia 120 associazioni e organizzazioni. Non sarebbe il caso che il dibattito si concentrasse anche su tale questione?
Terzo tema: la sofferenza psicologica. Tutte le associazioni di categoria sono concordi nell’affermare che le persone stanno sviluppando forme acute di disagio psicologico. Inoltre, tali problematiche sono caratterizzate da alcuni elementi di novità, tra cui l’isolamento sociale, la perdita dei legami, la pervasività delle tecnologie che, benché utili, non potranno mai sostituire il calore di un abbraccio.
Lentamente si sta diffondendo un sentimento inquietante che alcune popolazioni residenti in altre zone della terra sperimentano quotidianamente: la nostalgia del futuro. Viviamo, cioè, in una sospensione della possibilità di proiettarci al di là del momento presente, di programmare la nostra vita, di sperare in un cambio di prospettiva. Quale domani ci attende? Forse mai come in quest’epoca ciascuno di noi ha avuto così tanta paura del futuro.
Non è, dunque, solo questione di “scienza”, di numeri, di statistiche; stiamo parlando della grammatica delle relazioni umane, mai così depauperata e avvilita.
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