Il rifiuto e il fallimento fanno parte della vita o – come direbbero alcuni importanti esponenti della psicolinguistica moderna (John Grinder, Richard Bandler, Anthony Robbins) – del nostro modo di interpretarla. Non si tratta infatti di “cose” che esistono in natura, ma di concetti utilizzati nella comunicazione per descrivere l’esito negativo di azioni mirate al raggiungimento di obiettivi prestabiliti: proposte, tentativi, piani, e così via.
Alcuni dei più grandi imprenditori, scienziati e studiosi sono stati proprio quelli che hanno fallito e sbagliato più volte prima di riuscire; e che sono riusciti proprio per aver imparato dai loro errori, derivati questi da un costante agire, un continuo sperimentare e mettersi in discussione.
Un esempio interessante in tal senso è quello di Thomas Edison (1847 – 1931), inventore della lampadina, riportato nel bestseller di Andrea Waltz e Richard Fenton “Go for No! : Yes Is the Destination, No Is How You Get There“. Edison aveva assunto un team di persone pagandole per sbagliare il più possibile e in un arco temporale quanto più limitato, in modo che esaurissero quanto prima tutte le opzioni a disposizione, arrivando così alla formula esatta.
I più rivoluzionari sono stati spesso allontanati, rifiutati e fortemente contrastati insieme alle loro idee: basti citare Galileo Galilei (1564 – 1642), Giordano Bruno (1548 – 1600), Vincent Van Gogh (1853 – 1890), Arthur Schopenhauer (1788 – 1860), Friedrich Nietzsche (1844 – 1900) e Karl Marx (1818 – 1883).
Il loro successo – spesso post mortem – è derivato proprio dalla fiducia che hanno continuato a mostrare verso se stessi e le loro idee, nonostante si siano spesso scontrati contro un mondo che la pensava diversamente, senza dunque cedere ed omologarsi.
Alcune persone che sentono di aver fallito e di essere state rifiutate tendono a sperimentare sensazioni d’inadeguatezza, insufficienza, demotivazione, frustrazione e depressione. Ripensano forse spesso ai loro errori, rimpiangendo continuamente l’impossibilità di cambiare il passato. Ciò li porta ad abbandonare i tentativi, o a ridurne nettamente la quantità e l’intensità.
Tristemente emblematico in questo senso l’esempio di alcuni Siciliani, che hanno smesso di cercare lavoro perché hanno perso la speranza di trovarlo; la situazione si è resa poi più gravosa dopo l’introduzione del reddito di cittadinanza in Italia, che garantendo un sussidio fisso ai cittadini senza lavoro li ha di fatto distolti dal ricercarlo seriamente.
Quel rifiuto o quel fallimento attaccano il loro “amor di sé” e il loro Io ne esce ferito. A quel punto è possibile percorrere due strade: rialzarsi, guarire prima possibile e continuare a combattere; oppure lasciare quella ferita aperta e lottare con meno intensità, se non smettere del tutto.
Gli individui più sicuri di sé e che comprendono l’importanza dell’errore e del fallimento per arrivare al raggiungimento dei propri obiettivi, sceglieranno la prima strada; gli altri la seconda.
Per arrivare alla sicurezza e all’amore di sé, elementi essenziali per la costruzione della propria identità, esistono due vie principali, una più stabile, ossia la via interna; e una meno stabile, ossia la via esterna.
Secondo Umberto Galimberti costruiamo la nostra identità attraverso le conferme ricevute dal mondo esterno, in primis dalla famiglia e successivamente dalla società. Ed insieme a lui sono tanti gli studiosi di psicologia dello sviluppo d’accordo sul fatto che se un figlio non riceve sufficiente amore, attenzione e apprezzamento da parte dei genitori e dalle persone con cui entra in contatto durante la crescita, svilupperà un sé più incerto e fragile e tenderà a cercare conferme più al di fuori di sé che internamente; e viceversa. In età adulta, però, e come vedremo nel prossimo editoriale, sono molti gli autori che credono nella possibilità di fortificarsi concentrandosi su sé stessi.
Questo editoriale costituisce la parte critico-analitica (”pars destruens”) di questo argomento; dopo averne individuato i punti principali e aver indagato le ragioni alla base della nascita dei problemi rilevati, discuteremo nel prossimo editoriale le soluzioni adottate dai fondatori della Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) ed altri autori per cambiare il punto di vista sul concetto di fallimento e aprire nuovi orizzonti e strade per il miglioramento delle condizioni di vita proprie ed altrui.