a cura di Cecila Parodi – co-fondatrice del progetto Yohzer – Gaza
I giorni e le notti si susseguono in un crescendo di apprensione e preoccupazioni, anche per noi operatori del gruppo italiano Progetto Yohzer Gaza. Mentre cerchiamo di mantenere costanti i contatti con i nostri amici e referenti sulla Striscia, il nostro lavoro spesso si complica a causa del coinvolgimento emotivo che sovrasta la necessaria lucidità che abbiamo l’obbligo di mantenere.
Abbiamo ricevuto un report dal Dottor Mohammed Omran Abu Shawish, coordinatore di riferimento per il progetto a Gaza, professionista qualificato in psicologia clinica, e amico. Riteniamo di vitale importanza la divulgazione delle informazioni che ci arrivano, non solo per dovuta informazione, ma anche per sensibilizzare sull’importanza del tema di cui ci occupiamo, ovvero l’assistenza medica e il supporto psicosociale nei riguardi di persone e bambini colpiti dalla violenza militare. Questo rapporto si concentra sulle attività psicosociali intraprese presso l’Ospedale dei Martiri di Al-Aqsa, affrontando i bisogni delle persone ferite, in particolare di 120 bambini, oltre 78 donne e 47 uomini, a seguito all’attacco iniziato il 7 ottobre sulla Striscia di Gaza, tuttora in corso. Il rapporto copre sia gli interventi individuali che le attività di gruppo, evidenziando le sfide affrontate, tra cui reparti sovraffollati, la mancanza di privacy e di strumenti adeguati.
L’Ospedale dei Martiri AL-Aqssa è stato sempre in prima linea nel fornire assistenza medica e supporto psicosociale alle vittime dalla recente guerra. L’ospedale ha assistito a un afflusso di pazienti, tra cui un numero significativo di bambini, donne e uomini, che hanno richiesto interventi psicosociali mirati per affrontare il costo emotivo dell’aggressione. Il nostro Dr. Mohammed Abu Shawish si è impegnato in sessioni di consulenza individuale con individui feriti. Questo ha incluso una terapia focalizzata sul trauma, il supporto emotivo e strategie di coping adattate alle esigenze specifiche di ciascun paziente. Sono state condotte sessioni di psico-educazione per aiutare i pazienti e le loro famiglie a comprendere e gestire l’impatto psicologico della guerra. Inoltre, sono state attivate sessioni di gruppo per bambini, ad esempio di arte terapia, in modo da fornire ai più piccoli uno sbocco creativo nel quale sentirsi liberi di esprimere le proprie emozioni ed esperienze, dentro uno spazio sicuro.
Le attività di gioco di gruppo, invece, mirano a favorire il sostegno tra pari e la resilienza tra i bambini, aiutandoli ad affrontare le sfide del conflitto in corso. Si è ritenuto necessario anche fornire supporto al personale medico che, oltre ad affrontare i bisogni psicosociali dei pazienti, subisce l’impatto dell’aggressione su Gaza anche a livello personale, intimo. Gli operatori sanitari lavorano instancabilmente in un ambiente difficile, sperimentando elevati livelli di stress e tensione emotiva.
Per sostenere il benessere del personale medico, sono state attivate iniziative come gruppi di sostegno tra pari, e servizi di consulenza. Questi interventi mirano a fornire uno spazio al personale medico per esprimere le proprie emozioni, condividere le esperienze e ricevere il supporto psicologico necessario per far fronte alle esigenze del proprio ruolo. Riconoscere l’importanza della salute mentale del personale medico è fondamentale per mantenere un sistema sanitario resiliente, che possa continuare a fornire cure efficaci alla popolazione ferita dal massacro in atto.
Gli sforzi per garantire il benessere psicologico degli operatori sanitari contribuiscono a creare un ambiente di guarigione più sostenibile e compassionevole, all’interno dell’Ospedale dei Martiri di Al-Aqsa. Il contesto generale sulla Striscia di Gaza comporta una serie di questioni molto impegnative da affrontare. Prima su tutte è di certo la realtà di reparti ospedalieri sovraffollati. L’ospedale deve, infatti, affrontare una sfida significativa nella gestione dell’elevato volume di pazienti, che limita le risorse per l’assistenza personalizzata. Sono in corso grandi sforzi per ottimizzare l’uso degli spazi e delle risorse disponibili, ma la situazione rimane difficile.
Un altro aspetto significativo riguarda la totale mancanza di privacy. Le condizioni di affollamento contribuiscono alla mancanza di intimità per i pazienti, incidendo sulla loro capacità di condividere esperienze personali e di impegnarsi in sessioni di consulenza riservate. Per affrontare questo problema si stanno esplorando iniziative atte a creare spazi privati di dialogo e consulto. Infine, si è individuata anche una forte carenza di strumenti adeguati. Risorse e strumenti insufficienti ostacolano l’efficacia degli interventi psicosociali. L’accesso limitato ai materiali terapeutici e alla tecnologia pone sfide alla fornitura di cure complete. La promozione di un maggior sostegno e di una distribuzione delle risorse è fondamentale per migliorare la capacità dell’ospedale di fornire servizi psicosociali di qualità.
Basem è un altro psicologo del progetto Yohzer Gaza, ha scritto una tesi sugli aspetti psico sociali a Gaza, e da lui riceviamo messaggi più intimi. Scrive “Le vita scorreva, ma poi tutto è cambiato. Le giornate prima quasi somigliavano alla vita altrove nel mondo, fino a questa svolta drastica. I giorni, ormai, sono pieni di violenza e paura, è cambiato tutto. Continuiamo a vedere sangue, martiri e feriti ovunque.Siamo precipitati in un ciclo incessante di violenza e paura, non c’è sicurezza per i civili e per tutti i bambini innocenti. Il paesaggio è segnato da spargimenti di sangue, martirio, ferite. La violenza del nemico distrugge tutto, ogni casa e ogni luogo che custodisce i bei ricordi della vita familiare. Rovina e devastazione ora circondano tutti i luoghi.” Leggiamo le sue parole consapevoli della situazione, ogni casa tanto amata e ogni luogo legato a ricordi inestimabili, è devastato. Le notti strazianti e minacciose sono avvolte nell’oscurità totale, e punteggiate dai suoni inquietanti delle esplosioni, dal ronzio degli aerei e da incessanti bombardamenti.
Continua Basem “Siamo stati tagliati fuori dal mondo esterno, ci sentiamo come se vivessimo in celle solitarie e buie. Sentiamo lo spettro della morte vicino a noi, siamo incerti sulle prospettive di un’altra ora di vita. Proviamo a sopravvivere, attraverso le necessità più elementari: acqua, cibo, elettricità e medicine. Abbiamo perso tutti i nostri sogni e aspirazioni, ci chiediamo soltanto se riusciremo a sopravvivere o se finiremo nel lungo elenco dei martiri”. Nonostante l’intensa paura e l’assedio, la distruzione e il bombardamento, la loro risolutezza e determinazione continuano ad emergere in favore del prossimo.
Aggiunge ancora Basem “Io lavoro come professionista della salute mentale. È mio dovere, ogni giorno, aiutare le persone, fornire loro il supporto psicologico e tutte le cure necessarie” Basem ci racconta che il rumore degli aerei e dei bombardamenti è ormai un compagno costante, riempie il cielo di esplosioni che si percepiscono in ogni direzione, e conclude dicendo “Abbiamo salutato le nostre famiglie, senza sapere se mai le rivedremo.
Abbiamo provato a rassicurare tutti, esortandoli a resistere, e ad essere pazienti, resilienti”. Facciamo tesoro anche noi delle sue parole, provando in ogni modo a gestire lo sgomento che proviamo. Il dolore e un immenso senso di impotenza ci accompagnano in ogni istante dei nostri giorni che scorrono accomodati su immensi privilegi dei quali, ormai, fatichiamo a godere. I palestinesi ci hanno insegnato a resistere, da molti anni, e adesso più che mai sentiamo il dovere di mettere in atto la lezione appresa.